Le olive rischiano di rimanere sugli alberi

olivicultura pugliaNon è una provocazione ma la concreta intenzione di molti olivicoltori pugliesi che quest’anno rinunceranno alla raccolta, a lanciare l’allarme è il presidente regionale Copagri di Puglia, Tommaso Battista.


Il prezzo al quintale dell’olio è cosi basso che non è conveniente effettuare la raccolta, di conseguenza il prezzo delle olive, quest’anno stimato intorno alle 35 euro al quintale non copre nemmeno le spese che sono state affrontate dagli olivicoltori, potatura, concimazione e raccolta. Per essere conveniente la raccolta occorre vendere le olive almeno 70 euro al quintale.
D'altronde come non si può dare ragione agli olivicoltori pugliesi e non solo (un orientamento simile si registra anche in Calabria), di fronte a un continuo ciclo di sofisticazioni ai danni del vero olio extravergine Italiano. Solo pochi giorni fa veniva pubblicata una inchiesta del quotidiano El Pais (leggi articolo ->) a seguito della quale se è disposto il fermo di dieci italiani e un cittadino spagnolo (dall’inizio dell’anno sono otto i frantoi spagnoli che hanno subito furti tra Toledo, Albacete, Badajoz, Murcia, Jaen e Almeria). “Da anni denunciamo l'esistenza di un vero e proprio racket con centinaia di migliaia di litri di olio di oliva che viene rubato in Spagna per essere importato clandestinamente in Italia da parte di bande organizzate''. Ad affermarlo e' Pietro Salcuni, presidente della Coldiretti Puglia, commentando l'inchiesta condotta dal quotidiano iberico El Pais.
Un altro scandalo che da enormemente fastidio, denunciato molte volte dalla Gazzetta, è l’olio ricavato da nocciole marce turche che viene spacciato per extravergine d’oliva. Forse questa è la spiegazione più attendibile che giustifica il prezzo di tante, troppe bottiglie di extravergine offerto a 2,50-3 euro in quanto rimane veramente molto difficile giustificare un prezzo così basso visto che i solo costi di: bottiglia, etichetta, tappo, trasporto e almeno 2-3 passaggi commerciali, superano abbondantemente 2,50-3 euro.
Mentre in Italia si cerca di combattere con prezzi bassi, sofisticazioni dell'olio ecc, e tenuto conto che i consumi mondiali crescono e si spostano sempre più sulla categoria del prestigioso olio extravergine, non ci rimane altro che osservare l’avanzamento della Spagna che sta facendo passi doppi rispetto alla nostra penisola.
Secondo l'Ismea, infatti, negli ultimi anni la Spagna ha conquistato oltre il 50% dell'export mondiale dell'olio di oliva. Mentre l'Italia ha visto la sua fetta assottigliarsi al 24%.
Perché esiste questa differenza?

Impianto oliveto superintensivo

impianto-superintensivo

Gli spagnoli da molti anni ormai, si sono ben organizzati su scelte precise.
- ammodernamento degli impianti produttivi (vedi video superintensivi ->)  con lo scopo di abbassare i costi
- riduzione delle varietà coltivate (4-6 cultivar) con l’obiettivo di standardizzare il prodotto
- costi di trasformazione ridotti con la concentrazione di grossi frantoi oleari (circa 1500), in Italia c’è ne sono circa 6000.
- commercializzazione del prodotto in mano a 4-5 gruppi i quali controllano indisturbati non solo del mercato spagnolo ma anche parte di quello italiano e portoghese

Da sottolineare anche i paesi emergenti (Tunisia, Marocco, Siria, Libano, Cile, Argentina, Australia, nord Africa ecc.) che stanno investendo nel settore oleario con gli stessi metodi strategici adottati dalla Spagna e dove i costi di produzione sono sicuramente più bassi rispetto all’Europa, insomma, ben presto gli impianti messi a dimora in questi paesi saranno produttivi e con costi molto competitivi.

Come contrastare il mare di olio spagnolo in cui stiamo affogando?

In Italia è difficile immaginare un ammodernamento degli impianti produttivi cosi come sono stati adottati in Spagna, per una serie di motivi che principalmente si concentrano sulla conformità del nostro territorio (terreni scoscesi, piantagioni irregolari e promiscue) che ci limita in modo significativo nel intraprendere la stessa strategia. Infatti, la maggioranza degli uliveti coltivati in Italia è dislocata su terreni collinari spesso con inadeguate strade di accesso e principalmente popolate da numerosi uliveti secolari che ancora oggi ci regalano grandi soddisfazioni sia in qualità che in quantità.
La struttura produttiva olivicola italiana, formata da piccole e medie aziende agricole, difficilmente potrà subire modifiche.
L’Italia, forse, non potrà mai competere sui mercati internazionali in termini di prezzo ma in attesa di modelli di rinnovamento e ammodernamento delle piantagioni si può insistere e puntare alla qualità ed alla tipicità di un prodotto unico al mondo. Oggi il nostro paese, produce circa il 20% dell’olio nel mondo, di cui quasi la metà purtroppo è ancora lampante che di certo non ci aiuta a contrastare questo andamento del mercato.
Un piccolo aiuto è arrivato dalla recente normativa sul made in Italy che ha spostato i consumi verso l'extravergine di produzione nostrana anche presso la grande distribuzione. Per potenziare ancora di più questo fenomeno bisogna aumentare la visibilità dei produttori italiani con un massiccio intervento a favore della corretta e pulita informazione verso i consumatori che ancora oggi risultano impreparati sul mondo oleario (ci sono ancora troppe persone che non conoscono la differenza tra olio extravergine di oliva e olio di oliva).

Fonti:
www.puntodistella.it/news
bari.repubblica.it

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