Licenza per la depurazione delle acque di vegetazione dei frantoi oleari
Il trattamento dei reflui vegetali, in particolare delle acque di vegetazione, presenta problematiche molto complesse e di difficile soluzione, soprattutto a causa del forte carico organico del refluo, prodotto in notevoli quantità nel breve tempo della stagione olearia.
Nonostante la consapevolezza del rischio ambientale legato al rilascio delle acque di vegetazione, non si dispone ancora di normative adeguate. Di conseguenza, non sono stati ancora predisposti interventi razionali ed economici per la soluzione di questo problema. L'unica possibilità continua, ancora, ad essere offerta dal rinnovo dei decreti di proroga della legge Merli.
Numerose sono state le soluzioni prospettate. Sulla base di un recente censimento, si presume che circa un centinaio di aziende operino nel settore degli impianti di depurazione degli scarichi dei frantoi oleari.
Sebbene le tecnologie proposte siano numerose, non esiste, tuttavia, un'adeguata informazione sulle loro reali possibilità di impiego. I motivi possono essere individuati nelle varie proroghe concesse circa lo scarico dei reflui (circostanza che ha dissuaso gli operatori a dotarsi di impianti) e nella carenza di coordinamento e di supervisione da parte di Enti di ricerca in grado di valutare le diverse tecnologie.
Problema complementare alla depurazione delle acque di vegetazione è quello dello smaltimento e del recupero della componente solida. È opportuno, quindi, individuare quelle soluzioni che permettano il recupero della componente solida, così da evitare ulteriori forme di inquinamento del suolo, delle acque o dell'aria.
In tale ottica, l'Istituto di Radiobiochimica ed Ecofisiologia Vegetali del CNR con sede a Montelibretti (Area della Ricerca di Roma) ha sviluppato una tecnologia basata su trattamenti chimico-fisici di precipitazione, effettuando, nel contempo, studi relativi al recupero per uso agricolo dei fanghi prodotti.
Questa tecnologia, di cui si riporta una breve descrizione tecnica, è stata concessa in licenza non esclusiva ad alcune aziende nazionali.
Il procedimento consiste in una sequenza di trattamenti chimico-fisici che possono compendiarsi in:
- trattamenti combinati di ossidazione e precipitazione con calce, aventi lo scopo di allontanare i solidi sospesi ed alcune classi di sostanze organiche disciolte che possiedono gruppi polari facilmente salificabili in ambiente alcalino;
- trattamento finale combinato con acidi minerali ed un materiale adsorbente, avente lo scopo di eliminare l'alcalinità e le sostanze organiche coloranti.
Il procedimento, che permette di tenere conto della variabilità dei volumi di refluo prodotto, può essere facilmente adattato a cisterne di varie dimensioni.
Durante il processo si originano fanghi, costituiti da sostanza organica e dal surplus di calce, che ammontano a più del 15% delle sostanze organiche presenti nel refluo. Per loro stessa natura, essendo fonte di elementi di fertilità e privi di sostanze nocive, essi possono essere utilizzati come fertilizzanti.
Con l'inserimento dell'osmosi inversa, alla fine del trattamento chimico-fisico, l'acqua in uscita dall'impianto è qualitativamente migliore rispetto a quanto previsto dalla Tabella A della legge Merli per gli scarichi industriali e può essere reimpiegata per tutti gli usi di frantoio o similari.
L'impianto, per la semplicità dell'ingegnerizzazione e del processo, risulta particolarmente economico in termini sia di costruzione sia di esercizio. Si consideri, infatti, che i reattivi impiegati (calce, acido solforico, carbone) sono facilmente reperibili a basso costo.
Numero rilascio del brevetto: 1190283
Data del rilascio: 16.2.1988 Inventori: U. Tomati, A. Grappelli, E. Galli, G. Palma. |
Per ulteriori informazioni rivolgersi a: M. S. Cinquegrani R. Carelli |